La 16.ma Mostra Internazionale di Architettura è partita!
Sedi
In giro per la città di Venezia, Giardini e Arsenale
Periodo
26 maggio – 25 novembre 2018
Chiuso il lunedì
Biennale
16.ma Mostra Internazionale di Architettura di Venezia
“Freespace”
Il 2018 è l’anno della Biennale di Architettura, dal titolo “Freespace” a cura del duo femminile Yvonne Farrell e Shelley McNamara dello studio Grafton Architects di Dublino – Leone d’Argento alla Biennale Architettura 2012 con il progetto del nuovo Campus UTEC dell’Università di Lima in Perù.

Le curatrici, infatti, nel processo di traduzione del loro Manifesto avevano specificato:
“…volevamo che contenesse soprattutto la parola spazio. Volevamo scovare anche nuovi modi di utilizzare le parole di ogni giorno, che potessero in qualche modo portarci tutti a ripensare il contributo aggiuntivo che noi, come professionisti, possiamo fornire all’umanità. Per noi l’architettura è la traduzione di necessità – nel significato più ampio della parola – in spazio significativo. Nel tentativo di tradurre FREESPACE in uno dei tanti splendidi linguaggi del mondo, speriamo che possa dischiudere il ‘dono’ che l’invenzione architettonica ha la potenzialità di elargire con ogni progetto. La traduzione ci permette di mappare e di rinominare il territorio intellettuale e quello vero. La nostra speranza è che la parola FREESPACE ci permetta di sondare le aspirazioni, le ambizioni e la generosità dell’architettura.”

Quest’anno ho avuto, grazie a VeneziaDaVivere, la possibilità di vedere la Biennale dalla Preview, cioè dalla giornata, in anticipazione di un giorno alla vernice, dedicata esclusivamente a radio e televisioni.
Se sei pronto alle sfide: ti aspetto nel 2019 per la 58.ma Esposizione Internazionale d’Arte, diretta da Ralph Rugoff – Direttore della Hayward Gallery di Londra, prevista dall’11 maggio al 24 novembre 2019 con vernice 8-9-10 maggio.

“Leone d’Oro per la migliore Partecipazione Nazionale alla Svizzera per una installazione architettonica piacevole e coinvolgente, ma che al contempo affronta le questioni chiave della scala costruttiva nello spazio domestico.”
Questa è la motivazione data al Padiglione Svizzera, vincitore della Biennale di Architettura 2018.
Il padiglione, sito ai Giardini di Venezia, è il frutto di un concorso indetto, per la prima volta, dalla Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia che ha selezionato il progetto «Svizzera 240: House Tour» del team di architetti del Politecnico federale di Zurigo, composto da Alessandro Bosshard, Li Tavor, Matthew van der Ploeg e Ani Vihervaara.
Anche quest’anno il padiglione giapponese è nella mia compilation dei padiglioni preferiti.
La mostra intitola “Architectural Ethnography” a cura del team formato da Momoyo Kaijima, Laurent Stalder e Yu Iseki, è una collettiva di disegni realizzati da quarantadue progetti provenienti da studi di progettazione universitari, architetti o artisti di tutto il mondo e che risalgono agli ultimi vent’anni. Opere che vanno da specifiche di progetto, prospetti, grafici a mappe di spazi urbani ibridi, ossia condizionati dalle risorse ambientali e dalle attitudini umane.



Un altro esempio che ha attirato la mia attenzione è il progetto My Home’s: Staircases – 2 di Do Ho Suh: due grattacieli paralleli color arcobaleno costruiti, ad ogni piano, da diverse abitazioni stilizzate e collegate tra loro e centralmente da una semplice scala rossa. È interessate seguire i gradini in un percorso verticale a intuizione, a seconda dello stile architettonico riprodotto, in quale casa e quindi città del mondo, l’autore ha avuto occasione di vivere. Si parte dal paese natale, Seul in Corea, toccando Providence (USA), New York, Berlino e Londra.
“The Objects Spaces and Rituals of the Collective” (Gli oggetti spazi e rituali del collettivo) rappresenta il terzo capitolo del programma Across Chinese Cities, nato per esplorare gli approcci della pianificazione legati allo sviluppo di “comunità” come meccanismo che crea nuovi sistemi di appartenenza sociale, economica e spaziale.
La mostra è promossa da Beijing Design Week a cura di Beatrice Leanza (The Global School) e del mio caro amico Michele Brunello (DONTSTOP Architettura) e si sviluppa su due livelli: al piano terra si percorrono longitudinalmente e in modo ordinato dei lunghissimi pinai bianchi sui quali sono illustrati con immagini e render i vari progetti e sui quali ogni tanto sono esposti dei piccoli oggetti esemplificativi; al primo piano, tra gli affreschi di Louis Dorigny, grandi pannelli avvolgenti creano dei micro padiglioni nei quali sono concentrati delle discussioni sulla crescente necessità di dare a contesti urbani e rurali una nuova voce progettuale, volta alla pianificazione integrata.
La visita della mostra mi ha fatto pensare a quanto sia estremamente necessario e urgente sviluppare un approccio di inclusività e fiducia nei confronti della nuova generazione e, dare ad essa stimolo per una creatività collettiva affinché ci sia un miglioramento all’empowerment sociale e politico, fondante per un Paese in crescita.

Partecipazione alla sua prima assoluta e tappa da non perdere in questa Biennale, il Padiglione Vaticano, nello spazio verdeggiante della Fondazione Cini sull’isola di San Giorgio, è rappresentato da 10 cappelle progettate e realizzate da altrettanti architetti internazionali, selezionati da Francesco Dal Co:
- Francesco Cellini, Italia
- Smiljan Radic, Cile
- Carla Juaçaba, Brasile
- Javier Corvalán, Paraguay
- Sean Godsell, Australia
- Eva Prats & Ricardo Flores, Spagna
- Eduardo Souto de Moura, Portogallo – già Pritzker Prize nel 2011, sempre nell’ambito della mostra veneziana, è vincitore del Leone d’Oro 2018
- Norman Foster, Regno Unito
- Andrew Berman, USA
- Teronobu Fujimori, Giappone
Le 10 cappelle di diversa forma e approccio, spesso molto minimalista, sono sparpagliate e a volte nascoste dalla generosa e verdeggiate area. È un piacere passeggiare all’ombra e alla quite. Location perfetta per seguire un percorso fatto di ricerca e di raccoglimento.
La visita del Padiglione Città-Stato parte da un piccolo edificio in legno progettato dallo studio Map di Francesco Magnani e Traudy Pelzel. Al suo interno sono illustrati i disegni e la documentazione della “Cappella dei boschi” progettata da Gunnar Asplund nel 1920 a Skogskyrkogården, Woodland Cemeter a sud di Stoccolma, alla quale i dieci progettisti scelti dal Professore Dal Co hanno preso come modello d’ispirazione.
“Con questo piccolo capolavoro, Asplund definì la cappella come un luogo di orientamento, incontro, meditazione casualmente o naturalmente formatosi all’interno di un vasto terreno alberato, inteso quale fisica evocazione del labirintico percorso della vita e del peregrinare dell’uomo in attesa dell’incontro”.
Dal Co





Appena entrata ho avuto la fortuna di incontrare Alessia dello studio dell’architetto Mario Cucinella – curatore del padiglione italiano – che mi ha illustrato il progetto.
Qui, l’architettura è un esempio concreto di dispositivo di rilancio per i territori come incentivo ed effetto futuro degli abitanti, in questo caso italiani.
Subito corrono in testa mille pensieri. Pensieri rivolti all’Italia: terra meravigliosa, ricca di bellezze uniche, ma anche fatta di debolezze e problematiche quali lo spopolamento, il deterioramento e l’abbandono.
Al Padiglione Italia ci si è messi di fronte alla domanda: cosa possiamo fare?
Una documentazione dettagliata di 67 progettisti, che non hanno voluto abbandonare il proprio territorio e anzi, hanno continuato a crederci.
‘Arcipelago Italia’ è un itinerario letterario composto da due narrazioni: una, più romantica, con l’analisi di cosa è stato fatto per valorizzare i territori attraverso la riqualificazione e la ricostruzione; l’altra, più d’azione, rappresenta quello che “noi” vogliamo fare e quello che si potrebbe fare.
Anche l’allestimento del Padiglione è distinto da due parti: quello d’ingresso è composto da grandi pannelli verticali con immagini, testi e un video di Marcello Pastonesi, mentre l’altro è un open space organizzato da 5 tavoloni, che rappresentano le cinque aree principali italiane dalle quali è iniziato l’intero viaggio di ricerca. Su ogni area sono appoggiati modellini e schizzi, e sulla parete divisoria tra la prima e la seconda sala è posizionata una grande lastra di marmo dove è impresso il primo schizzo ideativo di ‘Arcipelago Italia’ dell’architetto Cucinella.
‘Becoming’ è il titolo del 2018 a cura dell’architetta Atxu Amann e al team composto da Maria Mallo, Gonzalo Pardo, Andrés Cánovas e Nicolás Maruri, che hanno selezionato 143 proposte, partendo da un concorso aperto incentrato su 55 aggettivi, gli stessi evidenziati in giallo sul sito dedicato, che qualificano l’architettura come spazio per proposte eterogenee e riflessioni.
La partecipazione spagnola intende guardare al futuro, soprattutto dal punto di vista dei ricercatori, in difesa degli ambienti di apprendimento: i luoghi di critica e di creazione architettonica. Il tutto è un’espressione colorata e dinamica. Già dall’ingresso, infatti, si è accolti da una grande scritta al neon multicolor della parola Becoming, che fa ricordare le opere di Bruce Nauman. Le pareti interne sono completamente tappezzate da un collage di disegni, foto e render. L’impatto d’insieme sembra caotico, ma che di casuale ha ben poco perché si tratta di un gesto simbolico, perchè tutte le idee e i progetti sono replicati e ampliati virtualmente sul sito.

Biennale di Venezia 2018
Forse lo farò nei prossimi giorni con degli articoli singoli, ma se avete fretta e desiderate un ulteriore contributo, date una sbirciatina al mio profilo Instagram…

Dettaglio della cappella di Eduardo Souto de Moura
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